Un tuffo nella dolce “marina” per ammirare le bellezze della turriforme masseria Garrappa, che ancora oggi conserva sostanzialmente inalterata la sua fisionomia di architettura fortificata. Non molto distante da qui, nell’omonima contrada, si incontra la masseria Losciale che, pur avendo perso il suo originale aspetto offensivo, riserva il fascino di una pretenziosa villa borghese. Di tutt’altre suggestioni, invece, la masseria La Mantia con le sue peculiari linee da torre costiera e la masseria Lamalunga, un complesso rurale sorto su di una preesistente tipica “lama”, antico letto di torrente e regno di vegetazione autoctona.
Masseria La Mantia
Nel cuore di una pacifica campagna troneggia la masseria La Mantia, che richiama canoni architettonici da maniero medioevale. Sarai ammirato difronte a questa semplice ma poderosa torre, risalente al XVI sec. che domina i circostanti spazi nella sua primaria nudità, nel tempo evolutasi in funzione di crescenti bisogni. L’austero nucleo antico, con coronamento a parapetto pieno, è ingentilito da una originale sequenza di corposi beccatelli ed è dotata di tipici dispositivi di difesa, quali caditoie, mascherate da ricercate decorazioni, che gli conferiscono leggerezza e dinamicità. La salda scala esterna, terminante su un ponticello in muratura (prima un ponte levatoio), consente l’accesso al primo piano ed al secondo fabbricato. Quest’ultimo, innestato alla torre in tempi successivi, si presenta come un grande parallelepipedo, con piccoli balconi ed ampi ingressi ad arco al pianterreno. La masseria La Mantia può dunque essere considerata il documento di una società post – feudale, da cui emergono chiaramente le antiche paure, legate alle frequenti incursioni lungo una costa facilmente penetrabile. Probabilmente questo tipo di torre avrebbe avuto una funzione di segnalazione e di avvistamento, ancor prima dell’intervento vicereale del XVI sec., volto ad approntare un piano organico di difesa. In zona, queste strutture nascono nella fascia di cinque chilometri dalla costa e in siti particolarmente strategici. La Mantia, appartenuta alla nobile famiglia dei Martinelli, presenta una modesta corte interna, che mette in comunicazione vari ambienti: stanze ancora oggi abitate, vecchi locali un tempo destinati a servizio ed, infine, una curiosa torre – colombaia con pinnacole (raggiungibile dal terrazzo) che fa pensare ad un corpo di fabbrica con più impegnative funzioni. Davvero un bell’esempio di design spontaneo, dai richiami orientaleggianti, di una tipica architettura rurale.
Masseria Losciale
Un po’ masseria, un po’ villa borghese, così ancora oggi appare a colpo d’occhio questa complessa struttura. Ben conservato il profilo di ciò che fu una cittadella agricola, sorta su un preesistente insediamento rupestre. Pare che il suo nome sia legato alle tante “sciale”, fredde sorgenti prossime al mare, di cui la zona era ricca. La sua attività era imperniata nell’olivicoltura e nell’allevamento. Sin dal Seicento queste terre appartennero ai Martinelli, una famiglia patrizia originaria di Salerno e residente in Monopoli. Il suo possente muro di cinta è interrotto solo da due modesti, ma ricchi portali con camminamento di ronda, a fornice in asse fra loro. Davvero interessanti questi ingressi, unici elementi che vantano integre fattezze tardo-cinquecentesche. L’antico nucleo turrico, ormai fagocitato da consecutivi aggiunte, è individuabile nella parte centrale della casa padronale a tre piani. Con ogni probabilità, ai lati della torre, sorgevano dall’inizio (l’incisione su una caditoia farebbe supporre il 1663) due costruzioni, limitate al pianoterra. Mentre altri sostanziali ampliamenti furono apportati solo intorno alla metà del Settecento. Ulteriori trasformazioni giunsero intorno all’Ottocento. Ma l’assetto definitivo si raggiunse solamente nei primi decenni del secolo scorso. Sulla lunga corte incrocerai una chiesetta con un gentile campanile a vela. Una lapide al centro del portale ricorda che la chiesetta era esente dal diritto d’asilo per volere di Ferdinando IV, Re di Napoli, per privilegio concesso alla famiglia Martinelli. Entro le mura, percorrendo un piccolo tratto in discesa, mentre si ammirano degli affreschi ancora leggibili, si raggiunge un frantoio in rupe. Sull’ingresso campeggia una lunetta raffigurante una Vergine col Bambino, che reca incise le lettere HRTS, il cui significato resta controverso.
Masseria Garrappa
La si può considerare una piccola – grande vedetta immersa nella distesa “marina”. Appartenne con ogni probabilità alla famiglia Garrappa, che ne gestì le sorti soltanto a partire dalla metà del Seicento. Oggi è parzialmente chiusa da una cinta muraria a secco ed è costituita da un originario edificio a torre, eretto in pietra e forse risalente alla fine del XVI secolo. Questa compatta masseria consta di un piano terra, di un piano intermedio e di un primo piano. La geometria di una scala esterna a due rampe, munita di ponte levatoio, oggi sostituito da uno fisso in muratura, quasi obbliga ad evitare la casa del massaro per introdurre subito il visitatore al piano superiore padronale, costituito da quattro ambienti. L’ ingresso è difeso da una grande caditoia, su cui è scalfito il monogramma cristologico IHS (Iesus Hominum Salvator) e da un sistema di feritoie aperte nel parapetto di coronamento. Una serie di archetti, con delicati motivi floreali e beccatelli, impreziosisce e conferisce dinamicità alle forme seriose e massicce di questa struttura. Inoltre, un campanile a vela con croce privo di campana e altre caditoie disposte irregolarmente sono parte integrante di un ingegnoso sistema difensivo. A poca distanza dall’ingresso principale si trova una cappella. Solo una croce in pietra contraddistingue la sua semplice facciata, mentre il portale è impreziosito da un profilo seicentesco. Il timpano accoglie una piccola statua della Vergine in trono, ormai irrimediabilmente pregiudicata. Accanto alla cappella verdeggia un agrumeto, dove resistono sfrontati un pergolato e canaletti in pietra, un tempo utilizzati per l’irrigazione naturale. La masseria di proprietà della famiglia Cofano di Monopoli, oggi in gran parte ristrutturata, è stata riconvertita a dimora di accoglienza turistica e ristorazione.
Masseria Lamalunga
Avvolta nel candore del suo intonaco, l’austera masseria Lamalunga conserva ancora integri elementi originari di fortificazione: feritoie, cadotoie, merlature di coronamento ed un alto muro di cinta, che contraddistinguono il primario nucleo turriforme. Alla torre sono stati affiancati corpi laterali ben integrati con il piano ammezzato e il primo piano. Il severo e maestoso complesso, che esprime in modo inequivocabile l’anima antica di una civiltà contadina, è sorto su di un preesistente gruppo di grotte, di cui la zona è ricca insieme a “lame” mediterranee, un tempo utilizzate come abitazioni o rifugi di pastori erranti. L’esser stata costantemente abitata ha salvaguardato la sua memoria da incurie e abbandoni devastanti. Essa appartenne alle nobili famiglie Manfredi e Ghezzi, la prima originaria di Taranto. Una larga scala alla destra dell’ingresso della corte ti introduce in un’ala adiacente alla torre, probabilmente un’aggiunta settecentesca, al cui interno si alternano ambienti signorili e stanze di ordinario servizio. La lunga balaustra esterna, tutta in chianche, si affaccia sull’ampia corte. Qui intorno si trovano magazzini con volte a botte, alcuni dei quali ricavati in roccia. Di interesse anche superstiti parti di un antico pozzo con ricercate decorazioni e mascheroni. Dall’esterno la masseria è contraddistinta da un piccolo campanile ormai privo di campana. Alla base della torre si trova un grande ambiente, un tempo adibito a frantoio, che custodisce una preziosa vasca litica ed un integro sistema di macine. Il frantoio ricavato in rupe, invece, si trova all’esterno e si raggiunge attraverso un ripido scalone. Alle spalle della masseria, un ampio spazio raccorda un piccolo agrumeto e una graziosa chiesetta, sormontata da un campaniletto.
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