Lasciamo la fascia costiera per esplorare l’entroterra dell’agro alla scoperta di altri accattivanti tipologie costruttive. In contrada Conchia sorge l’omonima masseria, costruita nel seicento dalla nobile famiglia Palmieri. Altrettanto affascinante è la masseria Caramanna (1659), altro fiore all’occhiello della nostra Monopoli. E risalendo la collina accarezzerai la graziosa bellezza della masseria Petrarolo da dove si domana tutta la zona pedemurgiana che sfocia nella “marina”, mentre in piena collina conoscerai la storicità di masseria Cavallerizza.
Posizione
Nell’agro
Tempo
10/20 min
Mezzo
auto/bici
Masseria Petrarolo
L’ accesso a questa masseria è garantito da un grande arco, che immette subito nella corte a chianche, un tempo vero fulcro della vita e dell’organizzazione agricola. Intorno si dislocano ampi magazzini, una vecchia stalla con dodici mangiatoie con archi, delle nicchie su muro piuttosto grossolane che certamente erano adibite a colombaia, ed una singolare porticina che conduce ad un piccolo agrumeto. Altri spazi di fruizione sono stati ricavati anche nella parte sottostante ad un ex ponte levatoio. Per la sua tipologia Petrarolo è da considerarsi una masseria fortificata senza torre. Una rampa di scale ti guida obbligatoriamente al nucleo centrale di due piani, con il suo ampio prospetto che presenta ancora dispositivi di difesa: tre caditoie rimaneggiate (tutte l’una diversa dall’altra), un campanile ed una successione di feritoie. Ad integrare questo sofisticato sistema vi è un terrazzo molto alto, fondamentale ai fini dell’avvistamento e un perimetrale muro di cinta, in parte ritornato a secco. Nel Settecento, la masseria fu proprietà assoluta di Francesco Petrarolo: sul prospetto principale fa bella mostra di sé un intarsiato bassorilievo della nobile famiglia. Con ogni probabilità, al nucleo originario, nella parte retrostante – lo si nota dalla diversità del parapetto del terrazzo – sono state addossate aggiunte settecentesche. Inglobata nel complesso, ma in una zona nascosta, alle spalle del riparato agrumeto, si trova una semplice chiesetta del 1698, dedicata a Maria S.S. delle Grazie L’interno, ad aula unica, è arredato e arricchito da un’interessante tela centrale, forse del XVIII sec., raffigurante una Madonna col Bambino, alla quale i residenti nella contrada riservano ancora una antica e viva devozione.
Masseria Caramanna
Una sterrata e lunga stradina interna, annunciata da due pretenziose colonne, conduce ad uno dei più interessanti complessi rurali della zona. Sarai catturato dall’imponenza e dal caldo scialbo di Caramanna, in posizione maestosa e introdotta da un arioso spiazzo antistante, sempre animato. La caratterizza una singolare scala circolare, anteposta in modo anomalo al prospetto orientale, quasi a proteggere un’ultima palma secolare. Davvero un bel biglietto da visita, opera di sapienti mani ignote, questo elemento va al di là di una funzione prettamente utilitaristica. A fare da sfondo, la lineare balaustra del terrazzo, dal quale lo scenario spazia dai profili collinari al mare. Questo edificio (come attesta un frammento lapideo) risale al 1659 ed ancora oggi conserva inalterato il suo antico nucleo: una torre-casa quadrangolare, cuore del complesso, con ponte levatoio (non più quello originario), un campaniletto a vela, delle feritoie a tiro incrociato verso l’ingresso e diverse caditoie singole o raddoppiate. La poderosa struttura è venuta progressivamente sviluppandosi nel corso dei secoli. Caramanna è diventava così una masseria con elemento a torre, sviluppata su quattro livelli. L’importanza del culto religioso nella sua storia è testimoniato da una semplice chiesetta, ad aula unica, che conserva una lapide datata 1820. In questa azienda lo spirito e la sensibilità della cultura contadina sono ancora vivi.
Masseria Conchia
Un lungo tratturo interno di accesso accresce l’ansia di scoprirla. Una curiosità che subito si stempera nella bellezza di una singolare architettura, che rievoca le seduzioni incantate di un’atmosfera bucolica d’altri tempi. Immersa nei colori di una natura incontaminata, Conchia è un imponente insediamento con un bel portale d’ingresso, la cui costruzione, commissionata dal Vescovo Palmieri, risale a cavallo tra i secc. XVII e XVIII (sarà donata a Monopoli nel 1931 dal marchese Palmieri della cui casata è ancora presente un bassorilievo dello stemma gentilizio). La sua monumentalità, che la fa assomigliare ad una vera e propria corazzata, dotata di due soli ingressi con funzione di filtro, è indizio di una forte economia sociale, da sempre gravitante intorno al complesso. I volumi del bianco prospetto, con la sua scala imponente e il doppio campanile a vela, attireranno per primi la tua attenzione. Inoltre, diversi elementi difensivi – quattro garitte pensili a forma di torrette cilindriche, poste agli angoli del terrazzo, una serie di feritoie ed una caditoia centrale – testimoniano i saccheggi di cui la fiorente azienda sarebbe stata bersaglio. In zona quasi baricentrica è situata la casa padronale, mentre i locali del pianterreno sono quasi tutti accessibili dall’esterno e non collegati con il piano superiore, raggiungibile solo attraverso due scale esterne, entrambe sotto il tiro incrociato delle garitte e frontali alle feritoie. Piccole e curiose dimore a due piani si affacciano sulla corte. Da una piccola corte interna si accede ad ipogei, dove è ancora visibile un bassorilievo votivo di una Madonna e di un Cristo in croce. Staccata dal fabbricato residenziale si staglia una interessante chiesetta settecentesca. Al centro della corte, una solitaria Madonna della Madia, patrona locale.
Masseria Cavallerizza
Sul declivio di una sinuosa collinetta della bassa Murgia, in posizione strategica, si erge la masseria Cavallerizza, col suo carico di storia e di tradizioni. Fiera nel suo ambiente e quasi sopita tra lecci, ulivi e trulli. Questo complesso, costruito su ordine di Alfonso d’Aragona, dal 1495 al 1530, fu un importante centro di riferimento per l’allevamento equino della Serenissima Repubblica di Venezia: dall’incrocio di cavalli locali e arabi nacque il noto morello pugliese, una razza che ben si adattava in battaglia. Le pratiche di addestramento si effettuavano nel sottostante “canale di pilo”, dove su particolari piste si potenziavano le sue abilità. A ricordo di questa presenza, sul prospetto della masseria – che presenta due entrate una padronale e un’altra legata ad attività pastorizie – è stato incastonato un bassorilievo che raffigura il leone di San Marco. Inoltre, in quest’area ricca di alberi si ricavava legno per le industrie navali della Serenissima e salnitro per la composizione di polveri da sparo. Architettonicamente la Cavallerizza presenta una solida struttura coperta da tetti a due falde in pietra e con marcata inclinazione. È priva di torre, ma comprende terrazzi strategici per l’avvistamento, mentre le limitate aperture prospettiche le conferiscono un’aria di severa rocca. Il complesso, con la sua forma a palazzotto, è costituito da un nucleo centrale con piano terra e primo piano, voltati a botte. Intorno alla corte vi sono diversi ambienti. Nel 1840, secondo indubbie fonti storiche, tutta la parte originaria della masseria venne acquistata da Pietro Rotolo e Marcantonio Sgobba, che la lasciarono in eredità ai figli. Nel complesso si trova anche una chiesetta con affreschi settecenteschi.
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