A differenza di altre tradizionali barche da pesca a remi usate in loco tra Seicento e Settecento, armate con vela latina e la cui lunghezza poteva raggiungere gli 8 m, il gozzo (“u vozz” in dialetto) era la più piccola tra le imbarcazioni da pesca monopolitane e raggiungeva una dimensione tra i 3,5 e i 4,8 metri. Un tempo montava un albero con vela latina, oltre a tre o quattro remi. Con questa tipica imbarcazione i pescatori andavano a pesca sotto costa.
I gozzi di 3,70 metri erano utilizzati nelle acque basse sotto riva e servivano per la cattura del pesce “bianco” (sarago, dentici, orate). Quello più lungo di circa 8 metri, detto comunemente “barca grande”, era privo di ponte. Aveva solo un albero a calcese con una lunga antenna con vela latin, armato con quattro remi e un grande timone all’estrema poppa. Erano barche fasciate con tavole di pino locale, mentre per la chiglia e le costone si adoperavano legni di quercia.
Il fasciame, dopo averlo calafatato per mano dei maestri d’ascia, veniva rivestito con della miscela di pece e catrame applicato quando era molto caldo: una tecnica per impermeabilizzare lo scafo e difenderlo dall’attacco delle teredini, molluschi divoratori di legno in mare. A partire dagli anni ’70 del secolo scorso, il gozzo viene coinvolto dalla motorizzazione.
Pertanto risultano sempre meno presenti i gozzi a remi e ad utilizzarli con la forza delle braccia sono solo i pescatori più anziani ormai pensionati. Sono loro che si limitano ad allontanarsi al massimo presso cala “Porta vecchia” o subito dopo la diga di tramontana. Si dedicano alla pesca dei polpi con la polpara o quella col bolentino per catturare “u ciambott di chenl i cazzurré”, un misto di perchie e donzelle. I gozzi motorizzati si spingono lungo la costa sud di Monopoli, verso il Capitolo e le zone della vicina località di Egnazia, dove i fondali sono meno profondi e più pescosi. Sono barche che calano reti di tramaglio “a ntrumacchiet” o palàmiti, “u cuztidd” per la cattura dei vari tipi di saraghi.