Di piatto in piatto
Il paesaggio con i colori della storia e della natura trova nei piatti tipici il suo specchio ideale. Le prelibatezze del mare approdano nel porto di una tavola ricchissima. Come resistere ad una zuppa di pesce (Cjambòtte) o ad una frittura di paranza in cui fanno capolino anche i granchi? Una teglia di riso, patate e cozze, cugina di primo grado della paella valenciana, ricorda ai monopolitani la dominazione borbonica. Il polpo, alla brace o nella pignata di terracotta e persino crudo, da millenni è un elemento base della dieta adriatica. La campagna riversa i suoi prati nel piatto come nella tipica ‘ngrepiete: il suo nome potrebbe derivare dall’aggettivo greco kraipnos col significato di svelto, turbinoso così come vortica il cucchiaio di legno dentro la pentola di terracotta per mescolare purea di fave e verdure campestri.
Le erbe della tradizione sono rigorosamente quattro ovvero l’Aspraggine comune detta Pisscelucerte, il finocchio selvatico (Finucchjidde), il tarassaco (Dente di leone), la cicoria campestre (Cecuredde). Si apparenta con la pizza fritta napoletana il nostrano panzerotto, nato dalla rimanenza dell’impasto del pane fritto in olio d’oliva in forma di mezzelune farcite con pezzi di pomodoro e formaggio. Una varietà di cocomero detta Cjanciuffe è ingrediente fondamentale d’estate nella Cjallèdde, una rinfrescante zuppa di pan bagnato condita inoltre con pomodori affettati, olio d’oliva, sale, pepe e origano. Accanto a questa ottima panata bene si colloca la zucchina alla poverella in rondelle fritte e condite con aceto e menta. La tradizione a partire dal Quattrocento ci consegna la ricetta dei taralli. Si tratta di prodotti da forno nati probabilmente in tempi di carestie fatti con un impasto di farina, olio d’oliva, sale e vino bianco e offerti agli ospiti. Tra i dolci tipici un posto d’onore appartiene al bocconotto, un pasticcino di pasta frolla farcito con pasta reale (mandorle e zucchero) e amarene.