CHIESE RUPESTRI, LE GROTTE DI DIO

Un piccolo giro a caccia di chiese rupestri è possibile anche nel borgo dei pescatori ma è in campagna che il fenomeno assume il fascino di un’escursione a contatto con la natura. Si consiglia sempre di farsi accompagnare da una guida esperta per non correre il rischio di smarrirsi o di perdere tempo. Nel borgo dei pescatori non può mancare una visita alla chiesa della Madonna del Soccorso più accessibile rispetto ad altre belle chiese scavate nella roccia e affrescate, come la cripta della chiesa di Santa Maria degli Amalfitani (con san Nicola e scene di miracoli), San Matteo dell’Arena o quella del monastero di San Leonardo detta di Sant’Angelo de Graecis (per altri nota come San Benedetto o San Cipriano). Sotto la Biblioteca “Prospero Rendella” c’è San Nicola in Portu Aspero detta anche San Clemente. E non è un caso che Monopoli veniva chiamata anticamente “la città delle tane”. E forse questa era la sua unicità, chiese rupestri intorno al “porto canale” poi insabbiato dai normanni. Ma il fascino in più lo hanno senza dubbio le chiese rupestri della campagna, intatte con i loro casali, stalle, frantoi, depositi, case e cimiteri, tutti rigorosamente scavati nella tenera roccia tufacea della piana degli ulivi. La particolarità del fenomeno religioso rupestri in loco sta non solo nella presenza di rare chiese biabsidate divise in due navate (fedeli-monaci, donne-uomini, liturgia eucaristica e della parola) ma anche nel riprodurre nella roccia, elementi di chiese costruite al tempo dei normanni. Ed ecco che lo Spirito Santo ha le volte a vela come una cripta basilicale romanica. E in San Giorgio viene abbozzato addirittura un rosone. Le chiese rupestri sono chiese a sé stanti a tutti gli effetti. Non sono cripte di altre chiese.

Tempo richiesto
3 h

Grado di accessibilità
Medio

Area
centro e agro

Mezzo
Auto, bici

Madonna del soccorso

La chiesa vera e propria è a 6 metri sotto la caserma dei carabinieri (ex convento domenicano). Prima di varcare la soglia però è bene soffermarsi un attimo su ciò che campeggia in alto. Dapprima il chrismon. Il cristogramma è il primo simbolo cristiano che l’imperatore romano Costantino sdoganò pubblicamente fino a farlo imprimere sulle sue monete e sugli stendardi militari. Di chiara origine orientale, oltre a riportare le lettere greche ‘χ’ (chi) e ‘ρ’ (rho) iniziali della parola “unto” (in greco Khristòs), ha anche ai suoi lati i simboli del tutto, la prima lettera dell’alfabeto greco, l’alfa maiuscola (Α) e l’ultima, l’omega minuscola (ω), perché Gesù è l’inizio e la fine come riporta l’Apocalisse (Giovanni; versetti 1:8, 21:6, e 22:13). Sopra vi è il gruppo scultoreo detto “Famiglia di donatori”. È un bassorilievo attribuito allo scultore Stefano da Putignano (1470-1540) che incarnò la rinascita della statuaria in Puglia utilizzando come mezzo privilegiato la pietra spesso dipinta. Rappresenta un gruppo scultoreo raffigurante il bambino con robone stretto in vita, che regge una mensola curvilinea e ai lati, inginocchiati, due offerenti, uno maschile e l’altro femminile. Al centro, una corona metallica aggiunta di recente. Un elemento scultoreo databile intorno al 1517, probabile elemento di recupero dell’antica chiesa di Santa Maria La Nova alle Fontanelle distrutta nel XVI secolo forse proprio durante l’assedio del Marchese del Vasto (1528-1529). Probabilmente era un elemento del gruppo scultoreo “Madonna in trono con Bambino” che ora campeggia sulla parte più alta della facciata della vicina chiesa di San Domenico. Questo trittico incantò più volte Vittorio Sgarbi durante le sue visite in città. Appena varcato l’ambiente sotterraneo si ha di fronte un altare barocco. Una chiara aggiunta settecentesca perché in origine anche questa chiesa era biabsidata. L’originario ingresso è ancora riconoscibile sul muro di sinistra. Parliamo però dei tempi in cui la chiesa sporgeva su un banco tufaceo vicino al mare e si chiamava San Pietro de Trochata (de Troccia o Troccica) come ricalca la bolla di Papa Alessandro III, del 1180. E infatti una piccola finestra, sul lato destro, faceva luce sulla zona absidale (bema) bizantina. Un aspetto che conferma la vicinanza di un antico “porto canale” insabbiato con materiale da riporto.

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  • Approfondisci chiesa rupestre Madonna del soccorso

    Nel 1054 (e non 1049 come riportato da una certa storiografia) venne dato l’ordine dal normanno Ugo Toute Bone per esigenze difensive di provvedere all’insabbiamento del “porto canale”. Affinché i greci bizantini non potessero più entrare nel porto e nel cuore della città per conquistarla. Era affiancato da case grotta di pescatori e chiese sulle sue sponde che si addentravano fino al largo Vescovado. Lo spazio della Madonna del soccorso è ben delineato e testimonia ancora oggi la grande perizia dello scavo del monaco magister. Tra i dipinti parietali si riconosce l’immagine di san Paolo, e una Madonna con Bambino con vele crociate sullo sfondo che la gente chiama del soccorso perché a lei affidano le loro preghiere le pie mogli dei marinai. Già nel Cinquecento si sa che un’effige della Vergine qui dispensava grazie e miracoli. Questa chiesa servì insieme a Sant’Angelo de Burgo, per celebrare messa mentre veniva costruita la vicina chiesa di San Domenico e già aveva cambiato il nome in Madonna del Soccorso. L’attuale affresco con vele crociate, per sua stessa ammissione, venne scoperto nell’estate del 1965 al termine di una messa di suffragio in quell’antica chiesa rupestre, dalla pittrice Anna Brigida che liberò l’attuale affresco da una crosta Seicentesca, forse un dipinto a tempera che versava in rovina. L’attuale affresco è una chiara trasposizione speculare alla maniera latina (XII-XIII secolo) dell’icona della Madonna della Madia conservata in Cattedrale.

Madonna della Stella

La strada che costeggia il cimitero ottocentesco permette la visita di due chiese rupestri molto importanti per la città. La prima è la Madonna della Stella a cui si accede tramite una via sulla destra della strada maestra, 600 metri esatti dopo il cimitero. È importante che tu segua la segnaletica e il percorso strada sulla sinistra. La chiesa è aperta tutti i sabato dalla mattina alla sera e nel mese di maggio tutti i giorni. L’accesso è ribassato di circa 2 metri rispetto al piano stradale. Scendendo, sulla destra si nota ancora l’antica scala di accesso scavata nella roccia. Varcata la soglia, la chiesa denota un unico vano rettangolare con tre altari. A sinistra, di fronte (Spirito Santo) e sulla destra l’affresco sei-settecentesco della Madonna della Stella. Campeggia al centro di un monolite su cui è stata impostata la parete di fondo che nasconde.

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  • Approfondisci chiesa rupestre Madonna della Stella

    Il monolite con l’affresco, destinato oggi a sacrestia, testimonia il tentativo di sfondamento ulteriore della cavità sotterranea e ancora si notano i colpi di piccone e i segni caratteristici di conci di tufi estratti dalla parete e forse utilizzati all’interno stesso della struttura. Prima della sua modernizzazione l’ingresso doveva essere dalla parete sinistra oggi occlusa e che nasconde l’accesso a un altro vano sotterraneo. Il soffitto, oscurato dal fumo nero delle candele, testimonia il culto mariano ancora vivo in questo ambiente. Il pavimento è d’inizio Novecento, in pastina di cemento. Gli altari sono ottocenteschi confermano l’evoluzione che lo spazio liturgico ha maturato dal medioevo ad oggi. Sono scomparse le tracce più antiche che rimandano a quelle poche e sbiadite di un affresco sull’unica colonna laterale. Tutto rimanda all’unico affresco ben conservato, quella della Madonna con Bambino, detta “della stella”, protetta da una teca in vetro, custodita sull’altare centrale e che dà il nome alla chiesa oltre a testimoniare l’importanza del culto mariano qui in zona. Era completamente ricoperta di collanine e anelli d’oro frutto di antichi ex voto purtroppo trafugati alle fine degli anni ’90.

Spirito santo

Proseguendo per la via che costeggia il cimitero e poco prima di giungere a ridosso della Statale 16, un ingresso affiancato da due colonne di pietra introduce alla porta in una chiesa rupestre davvero unica. Lo Spirito Santo è la chiesa del villaggio medievale della retrostante lama “Don Angelo” e non c’è da stupirsi se in origine, quando la chiesa era bizantina e con un unico vano forse anch’esso biabsidato, l’ingresso doveva essere proprio dalla parte opposta a quello attuale. La chiesa ha subito modifiche importanti con l’arrivo dei normanni al cui periodo si può far risalire l’ampliamento con la realizzazione delle volte a vela che riproducono nel tufo la cripta di una chiesa romanica e forse proprio quella dell’allora Cattedrale monopolitana del tempo del vescovo Romualdo. È una delle poche chiese rupestri a mantenere inalterato oltre al fascino delle decorazioni e delle architetture, quello della frequentazione continua nel tempo legato anche ad un culto unico quanto antico. Fino alla processione della Pentecoste (cinquantesimo in greco), ogni giovedì, per 50 giorni dopo Pasqua, si recita il rosario dopo un pellegrinaggio di preghiera e penitenza, da fare a piedi, a volte inginocchiandosi e mangiando erbe amare. Lo Spirito Santo ritorna così a essere un luogo mistico in cui recitare il rosario, animato soprattutto da donne un tempo vestite di nero. La vicinanza al cimitero, il culto del rosario e della Pentecoste, hanno reso questa chiesa, tra le altre rupestri di Monopoli, molto nota. In questo luogo abitato fin dall’età del Bronzo recente e finale. Ripopolato in età tardo-romana o altomedievale confermando che questo angolo di Monopoli può valere quanto una città eterna, con le sue case, depositi e cisterne perché l’acqua non mancasse mai, come la vita. Lo Spirito Santo più che una chiesa è una vera e propria basilica rupestre, scavata con perizia tecnica davvero unica. L’aula sacra è suddivisa in tre navate, scandite da 4 colonne e 2 pilastri sui quali poggiano archi a tutto sesto che delimitano 12 campate con volta a crociera. Mancano 2 colonne di appoggio della crociera davanti all’altare. Di fattura modesta, ma originale, sono le colonne con capitello provvisto di collarino, crochet a foglie arrotondate o con rilievi di figure umane e abaco. L’icnografia dell’ipogeo è alquanto singolare, infatti sull’aula basilicale s’innesta, nella zona del presbiterio, un altro ambiente che all’insieme conferisce una pianta a “L”. Segno che la chiesa ha avuto bisogno nel corso dei tempi di più ampliamenti per accogliere sempre più fedeli. È interessante notare come l’attuale scalinata d’ingresso è seguita, sul lato sinistro, da un sedile litoide scanalato con funzione di convogliare e far defluire l’acqua. La chiesa è diventata di proprietà comunale a seguito della donazione effettuata dai fratelli Grattagliano.

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  • Approfondisci chiesa rupestre Spirito Santo

    È stata restaurata nel 2011 grazie alla Fondazione San Domenico e alla Cassa di Risparmio di Puglia. Alle pareti, sul lato destro della chiesa rupestre, in 3 ampi archi ciechi traspare il volto di due santi anonimi con i piedi dalle dita affusolate, che facevano parte del corredo parietale originario dell’ipogeo. Nella nicchia centrale, dietro le tende, si notano tracce di raffigurazione, molto deteriorate, con un fedele adorante. Altra figura appena visibile è quella di un Santo monaco con barba. Gli altri due dipinti, la Madonna in trono con Bambino, sull’altare frontale alle navate, ridipinta forse su una icona precedente, e il Cristo in croce con in basso quelle che sembrano le anime del Purgatorio. Oltre al Cristo in croce è riconoscibile il Padre eterno e lo Spirito Santo. Un dipinto devozionale a giudicare dalla scritta che è alla base in cui si riconoscono le date che vanno dal 22 maggio 1800 al 1920.

San Giorgio

Lungo la regia via del procaccia postale, che congiungeva il Salento a Bari, c’è una chiesa rupestre, l’unica così a ridosso del mare e di un tratto di via Traiana ( deducibile dalla presenza di un binario di solchi carrai antistanti). Siamo vicinissimi alla spiaggia di Porto Giardino, poco prima del Capitolo.
Cela un ambiente ben scavato, ma privo di affreschi. Ma basta guardarne la facciata per capire che si tratta di una chiesa che va vissuta soprattutto all’esterno. Quella serie di cerchi concentrici verso l’oculo centrale sembrano ipnotizzare il viandante. Per molti è l’occhio di Dio che sorveglia questo tratto di strada che fin dai tempi romani conduceva alla vicina Egnazia. I mastri lapicidi qui, nella roccia, hanno riprodotto con sapienza le fattezze di un rosone romanico, come se la chiesa fosse stata costruita e non scavata. Non si sa a quale santo sia dedicata la chiesa ma gli studiosi l’hanno chiamata di san Giorgio come il nome della vicina Torre di difesa oggi purtroppo diruta. L’arco che sovrasta l’ingresso è una sorta di nartece, simbolo di pentimento e punizione. Posto a protezione dei catecumeni che non potevano seguire la liturgia eucaristica.

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Paterno e Lamalunga

Proseguendo per la Statale 16 verso sud, nei pressi della contrada L’Assunta, all’interno dell’omonima “lama”, si sviluppa il casale rupestre di Paterno. La chiesa è della Trinità con un corredo parietale purtroppo distrutto. Basta proseguire la complanare di Lamalunga per giungere all’insediamento rupestre di Lamalunga. La chiesa rupestre di Sant’Avenzio si trova scavata in uno sperone tufaceo, quasi nascosta, sulla parete sinistra della “lama” che è stata purtroppo in gran parte demolita intorno a metà anni ‘80 per realizzare un uliveto. Si tratta di una piccola cappella che probabilmente doveva servire liturgicamente un cenobio monastico alloggiato negli adiacenti ambienti ipogei. La chiesa è a navata unica, suddivisa in naos e bema da una iconostasi ricavata nel tufo. All’interno, seppur molto sbiaditi e consumati dal tempo, sono ancora leggibili gli affreschi con frammenti raffiguranti probabilmente san Nicola, san Filippo, san Lorenzo o santo Stefano e san Vito, ed inoltre, proprio di fronte all’ingresso, una scena di Annunciazione e una Madonna in trono danno il benvenuto al visitatore. Particolarmente interessante è la Deesis, raffigurante la Vergine e san Giovanni Battista in atto di preghiera e d’intercessione verso il Cristo Pantocratore, alloggiato nell’arcosolio absidale con ai lati due diaconi con incensiere e in mano il Vangelo con l’iscrizione: «Ego sum Lux Mundi…» (io sono la luce del mondo).

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San Andrea e San Procopio

Per giungere all’insediamento rupestre dei Santi Andrea e Procopio, è necessario percorrere la complanare alla Statale 16, sul lato verso mare, nel tratto che da Lamalunga conduce al Capitolo. Una strada sterrata sulla destra, superata la linea ferroviaria, porta a una casa ottocentesca di colore rosso a tutt’oggi nota come masseria Rosati. La chiesa rupestre è di proprietà della famiglia che abita la masseria. Bisogna chiedere il permesso per l’accesso a quella che è la “cattedrale” delle chiese rupestri del territorio sia per l’impianto architettonico interno che per la facciata con tre ingressi distinti. La particolarità sta nell’epigrafe della facciata, incisa dal presbitero Radelberto. Vi si legge che il tempietto ipogeo venne scavato da Giovanni, maestro costruttore e diacono, aiutato dal figlio, il presbitero Giacinto. La chiesa venne fatta scavare per volontà di alcuni nobili proprietari della zona, Giovanni, l’abate Alfano, Pietro e Paolo. Il permesso fu concesso da Pietro, vescovo di Monopoli (tra il 1071 e il 1076) e la chiesa venne consacrata il 2 novembre, dedicata a sant’Andrea apostolo e a san Procopio martire. Un santo occidentale e un santo orientale curiosamente insieme in una chiesa di chiaro stampo bizantino, pochi decenni dopo lo Scisma tra la chiesa di Oriente e di Occidente (1054). Forse è testimone isolato di una volontà corale di ricucire uno strappo liturgico la cui eco è giunta fino ai giorni nostri. Curioso il culto per san Procopio da Cesarea, primo martire di Palestina sotto Diocleziano nel 303 d.C.

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  • Approfondisci chiesa rupestre San Andrea e San Procopio

    Andrea apostolo fu pescatore come suo fratello Pietro. È il protocletos, ossia il primo chiamato. Fu discepolo di san Giovanni battista e poi di Gesù. Molto venerato in Occidente. La chiesa è a doppia navata, biabsidata con una imponente iconostasi litoide e doppio transetto, che divide il naos dai claustra e dal bema. Gli affreschi sono leggibili e di buona fattura. Iniziando da destra troverai, sopra l’ingresso di un ambiente secondario, il san Giorgio a cavallo con scudo crociato. Nell’area cosiddetta del claustra troviamo sant’Eligio (588-606), santo francese, protettore degli orafi, dei numismatici e in questo caso evocato dai maniscalchi in quanto a lato vi è ritratto un ferro di cavallo e un cavallo, animali importanti per viaggiare e per lavorare. Poi un affresco dei santi Cosma e Damiano, mentre preparano le medicine, ci riporta a un culto antico ancora vivo in città. Sulle pareti del bema, la zona dell’altare in pietra, ci sono scene di Annunciazione, Deesis e Trinità, Crocifissione, san Leonardo, Madonna in trono tra santi, e infine i santi Pietro e Paolo, con chiavi e spada. Sicuramente, doveva trattarsi di un importante centro monastico o addirittura di un santuario, in funzione dell’importante casale circostante circondato da frantoi, depositi e case grotta. L’ingresso principale, sormontato da un sorta di oblò-lucernaio, era probabilmente utilizzato solo per le festività solenni. La due entrate laterali erano quelle di uso comune. Quella di destra abbozza in un arco cieco una sorta di porta a falsa bifora.

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